“Non ho fatto parte del Grande Torino, ma il mio Toro, comunque, era stato grande”. Poche parole chiare, per un messaggio limpido che non lasciava spazio a dubbi. Perché Raf Vallone, nella sua vita, ha fatto il partigiano, il giornalista e l’attore; ma forse non tutti sanno che ha giocato a calcio indossando la maglia granata fin dal 1934 fino a passare il testimone al Grande Torino nel 1941. Aveva soltanto 25 anni ma il tempo del calcio era concluso: erano gli anni del fascismo e Raffaele era pronto per la battaglia e le montagne, era pronto per la Resistenza. In totale la sua carriera granata conta 34 presenze e cinque gol, compreso quello datato 27 marzo 1938. Lo stadio fiorentino non si chiama ancora Franchi e nemmeno Comunale; siamo in pieno fascismo e l’impianto inaugurato appena sette anni prima è ancora dedicato a Giovanni Berta, squadrista fiorentino ucciso da militanti comunisti nel 1921. Sarà magari per quella dedica che trova indigesta, ma Raf quel giorno ha le ali ai piedi, tanto da mettere l’ultimo sigillo alla sentenza che condanna la Fiorentina alla retrocessione. Riportano i giornali del giorno successivo: “E’ il 26’ del primo tempo quando Vallone, approfittando di un errore della difesa avversaria, e precisamente di una intempestiva uscita del portiere Gori, metteva in rete il primo pallone; e a quel punto ben pochi sono stati coloro che hanno ritenuto che i viola potessero colmare lo svantaggio”. Tanto che alla fine ai cinquemila tifosi toscani non resta che l’amarezza della retrocessione.
Raf Vallone era nato a Tropea il 17 febbraio 1916; calabrese di origine, ma quando da ragazzino si trasferì con i genitori a Torino esplose immediato l’amore per il granata. “La preferisco come calciatore che come economista” gli diceva alla facoltà di giurisprudenza un docente di scienze delle finanze “speciale” come il futuro Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, e Raffaele cercò di seguire il consiglio. “Fu una buona mezz’ala destra”, ricordano le cronache dell’epoca: conquistò la Coppa Italia 1936, sfiorò il bis nel 1938 perdendo in finale contro la Juve, conquistòla seconda posizione nel 1939 alle spalle del Bologna, e rimase al Torino fino alla stagione 1940/’41, quando la squadra che avrebbe dominato il campo per un decennio era già in fase di costruzione. L’addio al mondo del calcio arrivò con l’azzurro un po’ sbiadito della Nazionale studentesca in una sorta di Campionato Europeo di categoria: l’Italia fu sconfitta in finale dalla Germania hitleriana nella finale di Vienna e la tremenda delusione spalancò a Vallone nuovi orizzonti. Attività da partigiano a parte, si lanciò nel giornalismo prima, come caporedattore delle pagine culturali dell’Unità, e nel cinema poi. E fu proprio la carriera d’attore che gli regalò una grandissima notorietà: prima il grande schermo, con più di ottanta film interpretati (da “Riso amaro” con Silvana Mangano, a “La ciociara” con Sophia Loren), poi una nuova passione, il teatro. Ma il grande amore rimase il calcio, e il Toro. E chissà se si è emozionato, da lassù, quando – subito dopo la scomparsa – il popolo granata gli tributò l’ultimo applauso alla memoria, prima di un Toro-Brescia di inizio novembre 2002.
Stadio Berta, a Firenze, domenica 27 marzo 1938, ore 15:
FIORENTINA – TORINO 1-2 (0-2)
RETI: 26’ pt Vallone, 44’ pt D’Odorico, 6’ st Conti.
FIORENTINA: Gori, Gazzari, Piccardi, Traversa, Giovannoni, Tori, Fomini, Negro, Viani II, Bortolini, Conti.
TORINO: Maina, Brunella, Ferrini, Gallea, Ellena, Neri, Bo, D’Odorico, Baldi III, Buscaglia, Vallone.
ARBITRO: Pirovano di Monza.